Piero Sansonetti sull’Unità ‘striglia’ la Fnsi che protesta contro l’emendamento Costa. Intanto salta ancora la conferenza stampa di fine anno della premier Meloni

Il direttore dell’Unità Piero Sansonetti nell’edizione odierna del quotidiano firma un articolo con cui ‘striglia’ la Federazione Nazionale della Stampa Italiana. La Fnsi si è schierata apertamente contro l’emendamento, firmato dal deputato di Azione Enrico Costa, alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare. Il testo è stato approvato con voto palese dopo che Costa ha recepito la riformulazione proposta dal Governo. Il sindacato dei giornalisti, come forma di protesta (contestazioni che Sansonetti definisce ‘pagliacciate dei no-bavaglio”, ha intenzione di disertare la conferenza stampa (creata anni fa dall’Odg che in precedenza la ospitava) di fine anno della premier Giorgia Meloni. Incontro con i cronisti che avrebbe dovuto svolgersi oggi ma che, per una nuova indisposizione della Meloni, per la seconda volta è stata rinviata. Intanto la Fnsi tenta la mossa disperata della supplica al capo dello Stato Sergio Mattarella rivolgendo la seguente richiesta: Non firmare una legge che potrebbe essere fonte di immani distorsioni dei diritti”. Sansonetti conclude il suo articolo con una sorta di previsione: “La sinistra, se si riduce a questo rincattucciamento patibolare, ha le ore contate“. Ecco la pubblicazione.

Le Procure, il sindacato dei giornalisti, molti giornali, e poi, oltre ai 5 Stelle, anche i partiti di sinistra. Tutti contro l’emendamento Costa che
scalfisce appena, in modo molto blando, il diritto al processo mediatico che il fronte giustizialista ritiene essere un caposaldo della democrazia. L’ex vicepresidente della Corte Costituzionale, Paolo Maddalena, addirittura sostiene che questo emendamento apra le porte alla dittatura. In realtà si tratta di un emendamento che si limita a ripristinare la legge come essa era prima del 2017. E cioè proibisce la pubblicazione integrale delle ordinanze con le quali i Gip dispongono l’arresto di persone presumibilmente innocenti. Le ordinanze non sono segrete. Possono essere conosciute e riassunte dai giornalisti, ma non pubblicate col sistema del copia incolla. Per usare il copia incolla bisognerà aspettare alcune settimane, e cioè il tempo per concludere le indagini preliminari. Il dottor Maddalena pensa che sia una misura infame che straccia la Costituzione. Della quale lui è stato custode una decina di anni fa. E quando lui ne era custode la legge era esattamente come sarà dopo l’emendamento Costa. Evidentemente, a sua insaputa, c’era già la dittatura.

Paolo Maddalena, giurista di livello – credo – ed ex vicepresidente della Corte Costituzionale (e anche presidente facente funzioni), quindi il top del top del diritto, ha rivolto un appello accorato al Presidente della Repubblica perché non firmi l’emendamento-Costa alla legge che disciplina la pubblicabilità degli atti giudiziari. Ha detto Maddalena: “Continuando così non si fa altro che galoppare verso la dittatura”. E poi ha aggiunto che l’emendamento-Costa è una scelta “infame e pericolosissima”. Come capite, la situazione è molto grave: stiamo rischiando la dittatura, come successe cent’anni fa. E neppure una dittatura qualsiasi: una dittatura infame. Per colpa dell’irresponsabile deputato di Azione Enrico Costa. Un uomo che potremmo paragonare all’onorevole Facta che nel 1922 spalancò le porte a Mussolini… C’è una cosa però che mette in dubbio il teorema Maddalena: l’emendamento Costa non fa altro che riportare la legge che disciplina la pubblicità degli atti
giudiziari a come essa era fino al 2017.Esattamente uguale. E quindi quando il dottor Maddalena presiedeva la Corte, credo tra il 2009 e il 2011, noi ci trovavamo a vivere, a nostra insaputa, in una dittatura che aveva cancellato la libertà di stampa e aveva violato l’articolo 21, anzi aveva stracciato la Costituzione. E la cosa – questo è l’aspetto curioso – avveniva anche all’insaputa dello stesso dottor Maddalena. Che
tranquillamente presiedeva la Corte Costituzionale di un regime dittatoriale senza saperlo.

Forse ho sbagliato, nelle righe iniziali di questo articolo, a definire il dottor Maddalena…. Vabbé, lasciamo stare Maddalena. Parliamo degli altri. Per esempio della Fnsi, cioè il sindacato giornalisti, parliamo dell’Anm, cioè del partito dei Pm, e poi parliamo dei Cinque Stelle e addirittura del Pd. Dicono che con l’emendamento si torna al Medioevo. Sì, dicono così. E quale sarebbe questo Medioevo? Quello del
governo Letta, immagino, quello del Governo Monti. Durante i loro governi, sostenuti soprattutto dal Pd, la legge era esattamente quella che sarà dopo l’approvazione dell’emendamento Costa. Ma – dicono all’unisono giornalisti, Pm e partiti di opposizione – in questo modo i procedimenti giudiziari saranno segreti e il cittadino non potrà sapere. Albamonte, ex capo dell’Anm, sostiene addirittura – sembra di capire da una sua intervista – che l’Italia diventerà come la Cina comunista, dove le persone spariscono sequestrate e annientate dallo Stato. E’ così? No. A nessuno sarà impedito di sapere niente. Nulla cambierà nei processi. Nessuna prova a carico, o indizio a carico, sarà minimamente scalfito o storpiato o silenziato da questo nuovo regime. Nulla cambierà nel funzionamento del processo. Succederà semplicemente che alcuni aspetti delle indagini che generalmente rimangono segreti – e a disposizione solo della polizia giudiziaria che indaga e del Pm-per diversi mesi, a volte per più di un anno, resteranno non segreti ma semplicemente non pubblicabili ancora per qualche settimana o – in caso di lentezza della giustizia – per qualche mese fino alla conclusione delle indagini preliminari. I giornalisti continueranno a disporre di tutto il materiale che vogliono, semplicemente saranno costretti a lavorarci un po’ sopra e non potranno più fare il copia incolla del materiale fornito loro dal Pm che di solito è parziale e fazioso. Tanto parziale e fazioso che ogni anno lo Stato deve pagare milioni di euro di risarcimento agli ex detenuti che sono finiti in prigione o per degli errori o per la malevolenza dei Pm. I quali ex detenuti non saranno mai comunque risarciti in nessun modo per la gogna subita dai giornali e dalle Tv.

In ogni caso non cambierà praticamente nulla. Anche perché alcuni giornali annunciano già che faranno obiezione di coscienza, cioè violeranno la legge. Coraggiosissimi. Il radicale Roberto Ciccciomessere, scomparso qualche mese fa, fece obiezione di coscienza al servizio militare e finì ì in prigione. Credo che ci restò tre mesi. Qualche anno prima era toccato a Pietro Pinna, che, a due riprese, scontò circa un anno e mezzo in una prigione militare. Padre Balducci e don Milani furono processati soltanto per avere approvato l’obiezione di coscienza in alcuni loro scritti. Quanta prigione dovrà fare Travaglio se per obiezione di coscienza, cioè spinto da una grande forza morale – pubblicherà le ordinanze prima del tempo violando la legge? Nessun giorno di prigione. 2250euro di multa. Perché allora questa rivolta, che ha tutti i crismi della pagliacciata? Per una ragione, credo, semplice: gli editori – fate attenzione, quando siete in presenza di una forte rivolta dei giornalisti è quasi sicuro che a guidarla siano gli editori – temono che questa norma, che in maniera molto blanda accenna al diritto alla presunzione di innocenza, possa essere la porta dalla quale passano poi nuove riforme che in modo effettivo ristabiliscano lo stato di diritto e smontino quell’obbrobrio italiano dei XXI secolo che è il processo mediatico, il quale di fatto, almeno a certi livelli, ha sostituito del tutto il processo penale.

Temono riforme che vadano in questo senso, perché almeno da un quarto di secolo gli editori hanno fondato tutte le proprie strategie editoriali sul processo mediatico. Gli altri settori del giornalismo sono passati in secondo piano e lasciati degradare. Capite che un ritorno pieno dello Stato di diritto raderebbe al suolo queste strategie, e in parte anche le strategie dei partiti, specialmente di quelli di sinistra e naturalmente di quelli qualunquisti. E così ì, l’opposizione che non aveva mosso paglia quando è stato abolito il reddito di cittadinanza, che ha tolto risorse vitali a milioni di poveri, e ha subito abbastanza in silenzio anche il rifiuto del reddito minimo, stavolta si scatena. “Toglietemi tutto ma non il mio breil…” la ricordate quella pubblicità? Beh, il “mio breil” oggi è la gogna. Cioè il più reazionario dei simboli della reazione. Persino su un giornale come il manifesto -presidio storico del garantismo di sinistra, erede di Rossana Rossanda – persino sul manifesto appaiono articoli filo-gogna. Indignatissimi.. Io dico che la sinistra, se si riduce a questo rincattucciamento patibolare, ha le ore contate...