Epatite, in leggero aumento i casi in Italia

Dai dati del sistema del bollettino di sorveglianza Seieva (Sistema epidemiologico integrato delle epatiti virali acute, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità emerge che nel 2023 in Italia sono leggermente aumentati i casi di epatite A, B ed E mentre sono risultati in calo quelli di epatite C. Per queste tre forme di epatite, sono stati segnalati nel complesso 529 casi. Nelle classifiche regionali la Lombardia è ai primi posti.

Per quanto riguarda l’epatite A lo scorso anno sono stati notificati 267 casi, in aumento rispetto al 2022 e nella classifica delle regioni la Lombardia è al primo posto con 55 casi, seguita dalla Toscana (43), Emilia Romagna (29), Marche (28) e Lazio (27). I casi pediatrici sono stati 45 in aumento rispetto ai 37 dell’anno precedente. I fattori di rischio più frequentemente segnalati sono stati i molluschi crudi o poco cotti contaminati dal virus, i viaggi nelle zone endemiche, i rapporti sessuali tra uomini e il consumo di frutti di bosco.

Per quanto riguarda l’epatite B vi sono stati 153 nuovi casi in confronto ai 109 del 2022. Le regioni con più casi sono stati l’Emilia Romagna (33), la Lombardia (31) e la Toscana (21). Come negli anni passati maggiore è la percentuale tra i maschi (78,4). I fattori di rischio sono  stati i trattamenti di bellezza come manicure, piercing e tatuaggi (38%), cure odontoiatriche (28,7%) e comportamenti sessuali a rischio (25,2%),

Per l’epatite C vi sono stati 51 casi, 4 in meno di quelli del 2022. La Lombardia è risultata la regione con più casi (33,3%) poi Lazio (25,5%) e Veneto (9,8%). Più colpiti gli uomini (72,5% dei casi). Il fattore di rischio maggiore è stato il ricorso a trattamenti estetici (40,4% dei casi, poi l’esposizione nosocomiale (29,4%), poi l’uso di droghe (27,1% e il ricorso a trattamenti odontoiatrici (27,1%).

Per quanto riguarda l’epatite E vi sono stati 58 casi principalmente in Lazio (20,7%), Lombardia 17,2%), Emilia Romagna (15,5%), Umbria (10,3%) e Abruzzo (10,3%). L’infezione ha riguardato più i maschi (70,7%). Per quanto riguarda i fattori di rischio più della metà (53,1%) ha consumato carne di maiale cruda o poco cotta.

Giancarlo Mariani